Il testo che segue è una breve presentazione del modo in cui io vedo i principali temi di interesse politico e di quali siano, a mio avviso, le linee di pensiero attraverso le quali questi dovrebbero essere declinati nella pratica amministrativa; in definitiva il mio “Sistema di Credenze”. Si tratta di una presentazione schematica, che, come tale può risultare oscura o male interpretabile. Per questa ragione, o se, in ogni caso, vi interessa una esposizione più approfondita, vi invito a leggere la trattazione completa, scaricando il file PENSIERO FILOSOFICO-POLITICO. Non tratterò, in questa sezione, temi di carattere territoriale che potrete invece trovare nell’apposita pagina

1.PRINCIPI E VALORI

«Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».
Rosario Angelo Livatino, magistrato assassinato dalla criminalità organizzata

Il mio profilo di uomo politico ha una caratterizzazione fortemente valoriale.
Inizio con una domanda: che cosa è politica?
Ognuno può dare la sua risposta.
Parto da un assunto: la legge naturale è la legge del più forte; la natura umana, sebbene abbia le potenzialità per fare grandi cose, è orientata all’egoismo e alla sopraffazione e solo con un elevato grado di cultura e civiltà si può riuscire a tenere queste tendenza sotto controllo.
Quindi, per me, la politica è

  1. L’implementazione di principi e valori nella sfera pubblica.
  2. Il contenimento della natura umana istintiva e la valorizzazione di quella razionale e costruttiva.
    Se gli istinti umani sono in parte orientati all’individualismo ed alla prevaricazione, credo sia nostro dovere tentare di contenerli il più possibile, sforzandoci di assumere ogni nostra decisione, sia pubblica, sia privata, sulla base della razionalità e della logica, senza lasciarsi condurre dell’emotività e dalle pulsioni, rifiutando egoismo, individualismo, irrazionalità, xenofobia, ecc. Tutto ciò può forse essere riassunto nel celebre verso dantesco “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.Quali sono dunque i principi\valori in cui credo?
  • SERIETÀ, Sobrietà, Puntualità, Razionalità, Dignità, Senso del Dovere, Efficienza, Continenza, Temperanza, Rispetto, Essenzialità.
  • LEGALITÀ, Rispetto delle Regole, Trasparenza, Severità, Fermezza, Veracità, Intransigenza, ragionevole Ordine.
  • INDIPENDENZA, Senso Critico, Coerenza.
  • DEMOCRAZIA, Rappresentatività, Informazione, Partecipazione.
  • CULTURA, Educazione, Conoscenza, Progresso scientifico e Tecnologico.
  • EGUAGLIANZA, Equità, Progresso Sociale.

Nei prossimi paragrafi, illustrerò come ritengo debbano essere declinati tali principi e valori rispetto ai vari temi di interesse pubblico.

Le mie priorità sono, nell’ordine:

  • Rispetto delle regole e tutela di precetti morali.
  • Tutela dell’ambiente e della salute.
  • Equità e Giustizia Sociale.

2. DIFESA DELLA CIVILTÀ

“La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale, perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del Paese e la tenuta del regime democratico”.
Enrico Berlinguer, in un’intervista a “La Repubblica” del 28 luglio 1981

Credo che oggi, la priorità, non solo per ogni politico, ma per ogni cittadino, sia quella di proteggere la stessa Civiltà nel nostro paese, Civiltà che, sotto svariati aspetti, sembra essere in disfacimento
Partiamo dalla politica che spesso non da un grande spettacolo: i continui scandali, l’atteggiamento arrogante di alcuni leader politici, l’incapacità di fare prevalere il bene comune sugli interessi particolari. Qual è l’effetto finale di tutto ciò? Non solo di screditare la classe dirigente ed alimentare populismi, ma, soprattutto, di fare venire meno la credibilità delle stesse istituzioni democratiche. Ed il venire meno della fiducia nelle istituzioni non è forse uno dei principali elementi del decadimento della Civiltà?
Ma, se la classe dirigente del paese sta dando un pessimo esempio, non si può affermare che la società (come direbbe qualcuno la “gente”) stia dando una prova migliore. Essa appare sempre più frammentata, individualista, votata alla ricerca del piacere, refrattaria al rispetto di ogni forma di regola e propensa all’illegalità ed agli eccessi: pare quasi che l’unica cosa per cui gli Italiani siano disposti a impegnarsi ed a lottare, sia il diritto a “fare quello che c…o gli pare”!
Considero il contrasto a tali tendenze la cifra principale della mia caratterizzazione personale e politica: la difesa ad oltranza delle istituzioni e della loro autorevolezza, la ricostruzione della credibilità della classe politica, ossia ripristinare sobrietà, serietà e legalità sia nei comportamenti individuali, sia collettivi e tentare di riportare, laddove è possibile, questi valori nella società.
Io sono profondamente convinto che una delle principali cause del deperimento della Civiltà, nonché della gran parte dei “mali” che attanagliano questo paese possano essere, in larga misura, ricondotti ad un’unica radice fondamentale: la bassissima tensione morale (ciò che è “socialmente accettato”) che oggi contraddistingue la nostra stessa società, la quale, con tutte le lodevolissime eccezioni che si possono contemplare, spesso, secondo la mia personalissima ed umile percezione, sembra essere guidata da disvalori, piuttosto che valori.
Ritengo che si sia, scientemente, da un lato distrutto qualunque velleità di cambiare radicalmente il modello di società, trasformando i cittadini consapevoli in consumatori inconsapevoli, dall’altro imposto una visione del mondo per cui l’unica via al successo (individuale e collettivo) e al benessere consista nello sviluppo economico, nella precarizzazione della società e dei rapporti di lavoro, nella compressione dei diritti sociali e nessun altro limite alla libertà individuale.
Occorre una modifica radicale della nostra mentalità del nostro stesso modo di pensare ed agire, di valutare, di comportarci, in definitiva, di vivere; una trasformazione culturale profonda della società italiana, che parta, magari, dalle piccolissime cose, come, ad esempio, non attraversare col rosso anche quando non c’è assolutamente nessuno, non tardare sempre agli appuntamenti, ecc.
Si deve, però, operare in modo progressivo, così che la modifica della mentalità passi attraverso una graduale presa di consapevolezza ed accettazione del nuovo modo di pensare, del nuovo modello morale, costruendo, passo dopo passo, il consenso intorno ad esso. Se non si opera in questo modo, lo sforzo sarebbe destinato a fallire. Evidentemente, si tratta di un processo che non può che essere molto, molto lungo. Occorrono, innanzi tutto, esempi positivi da parte delle classi dirigenti, quindi azione educativa, normativa e, quando serve, repressiva.
Il focus deve essere sull’aspetto educativo: è difficile pensare di modificare queste tendenze all’interno della società tout-court, ma ci può essere qualche speranza per le prossime generazioni. Siamo però di fronte ad un’emergenza educativa gigantesca: i giovani, oggi, in molti casi, hanno una visione della vita ed un sistema valoriale molto problematico. Sul tema del benessere e dell’educazione dei giovani, vi invito a scaricare e leggere il file “Giovan8”.

3. DEMOCRAZIA ED I PARTITI

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 1

La Democrazia, in Italia, ma certo non solo, è entrata in una fase di grave decadenza.
Io credo ancora fortemente nella Democrazia Rappresentativa, ma ritengo che sia necessario dotarsi di strumenti più forti di partecipazione della cittadinanza, anche per provare a ricucire la pesante frattura tra l’opinione pubblica e la classe politica. Sono un parlamentarista convinto ed un proporzionalista, un sostenitore delle preferenze e sono tendenzialmente contrario all’elezione diretta di tutte le cariche monocratiche, per non parlare dei Governi. Da questo punto di vista, la recente riduzione del numero di parlamentari è stata una sciagura.
Oggi, i partiti hanno in gran parte perso il loro ruolo o quantomeno la loro funzionalità, quindi dovrebbe necessariamente cambiare il modo con cui ci si approccia alla rappresentanza istituzionale: fondamentale, quindi, la qualità delle persone, selezionando delle persone serie, capaci e moralmente credibili, in grado di recare con sé dei principi e dei valori. Il rappresentante istituzionale dovrebbe avere come priorità di rispondere, nell’ordine, alla Costituzione, alla Legge, agli elettori e cittadini, alla propria coscienza e, solo dopo, ai vincoli di partito e di maggioranza.
È cruciale una autoriforma della Politica. Credo in partiti più snelli, più aperti, dove il concetto di iscrizione sia più semplice e dinamico, dove non vi sia più l’ossessione per le “sedi fisiche”, dove una buona parte (non necessariamente tutta) del dibattito e delle decisioni si assumano con modalità online. Inoltre, occorre segnare in modo più rigido il confine sempre più labile fra politica e poteri ed interessi economici\finanziari.
Un politico dovrebbe avere molti più doveri che diritti, rispetto ad ogni altro cittadino e deve essere al di sopra di qualsiasi sospetto, di qualsiasi ombra che possa lambire interessi personali, amicizie o necessità individuali; provvedimenti o notizie col potenziale di indurre alla remota ipotesi che questi possa avere commesso atti non conformi alla legge, dovrebbe comportare l’immediata decadenza dello stesso.
Inoltre, aspetti come l’affidabilità, la puntualità, il rispetto delle persone, nel linguaggio e nelle azioni dovrebbero essere elementi essenziali nel valutare l’azione di un uomo politico.
Alcuni di questi aspetti, ed anche altri, potrebbero essere implementati tramite una regolamentazione per legge della vita interna dei partiti.
Più in generale, il vero nodo è la qualità della classe dirigente: il fatto che nei partiti si avanzi solo per cooptazione, per conformismo, ha fatto sì che la classe dirigente del paese sia di livello culturale, morale e di competenza molto bassi. Occorrono meccanismi per cui la classe dirigente sia selezionata in base alle qualità morale ed etiche, alla cultura, alla preparazione, al curriculum, all’autonomia e all’indipendenza!

4. LEGALITÀ E GIUSTIZIA

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. […]”
Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 3

Oggi, nel nostro paese, sussiste una crisi agghiacciante di Legalità che, attraversa TUTTI i segmenti della società ed evidentemente, non è altro che una conseguenza della già citata crisi morale.
È, pertanto, essenziale implementare un maggiore livello di Legalità all’interno della società stessa, sia nel senso di intervenire al fine di creare la “Cultura della Legalità” sia di rendere reale, finalmente, il sacrosanto principio del “chi sbaglia paga” (ossia la “certezza della pena”). Da questo punto di vista, la Legalità sarà un principio credibile unicamente se potrà essere applicato realmente in modo universale, ossia nella stessa misura per tutti i segmenti della società.
In un regime democratico, pur con i suoi limiti e i suoi difetti, la legalità e l’ordine pubblico non possono che essere valori universali, perché garantiscono quelle tutele essenziali, che permettono la continuità della vita dei cittadini, gli assicurano la serenità di espletare completamente la loro personalità e, soprattutto, permettono di contenere le forme di prevaricazione che alla fine rafforzano le diseguaglianze. Ecco perché il rispetto delle leggi e delle regole tutte, qualunque esse siano, che le giudichiamo giuste o sbagliate, utili o inutili, deve essere sacro ed assoluto. La Legalità deve essere implementata nei confronti di tutti i segmenti della società a prescindere da amicizie e bisogni, su tutti gli strati sociali, nello stesso modo, come afferma, l’Art. 3 della Costituzione, perché, e lo ribadisco ancora, essa è condizione essenziale per la democrazia. Per queste ragioni, la Legalità è anche irrinunciabile requisito per lo sviluppo economico e sociale.
Come si potrebbe intervenire? La mia impressione da “profano” (nel senso che non sono un giurista) è che, in generale, il nostro sistema giuridico sia oggi distorto, drogato da un’infinità di burocrazia, cavilli, che creano, tra l’altro, un’evidente disparità di trattamento per cui chi è meno abbiente ha molte meno possibilità di difendersi rispetto a chi ha a disposizione cospicue risorse. A causa delle lungaggini processuali ma, soprattutto, probabilmente, di una procedura, non solo per quanto concerne l’aspetto penale, non adeguata, la certezza della pena non esiste. Da questo punto di vista, ribadendo che il Garantismo è un principio sacrosanto per uno Stato di Diritto, occorre una revisione profonda delle nostre procedure “legali”, che semplifichi molto le stesse, riportando il giudizio ad una natura più oggettiva, tenendo a mente che ciò si può fare solo rinunciando ad una piccola dose di diritto individuale, per fare trionfare gli interessi collettivi. Ad esempio, istituti come quelli della prescrizione andrebbero profondamente ripensati e da questo punto di vista, osservo che si sta andando nella direzione diametralmente opposta! La Riforma Cartabia e la sua improcedibilità gridano vendetta!
Occorre rafforzare gli interessi della comunità su quelli del singolo individuo, un esempio su tutti, il contrasto all’evasione fiscale (abolendo, finalmente, il contante). Più in generale, occorre rafforzare la possibilità, per lo Stato, di “monitorare” la società, superando il concetto di privacy come un diritto di eccessivo rilievo (è semplicemente folle la riluttanza che si ha nel fare conoscere allo stato i propri dati allo Stato, laddove permettiamo ad aziende private come FB, WA ecc. di sapere tutto di noi).
Pesanti interventi andrebbero svolti su tutto ciò che attiene al mondo della finanza, del diritto societario e dei conflitti di interesse, per riportare l’economia ad una dimensione più umana, etica e (fondamentale) rispettosa dell’Ambiente.

5. IMMIGRAZIONE

“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri”.
Don Lorenzo Milani

Partirò da alcune premesse:

  1. La natura umana è tale per cui le persone tendono a diffidare, avere paura e, di conseguenza, odiare chi è diverso da loro (la Storia ce lo insegna).
  2. Per contrastare questa tendenza, è necessario un enorme livello di civilizzazione ed, al momento, per vari motivi, il livello di civiltà (intesa come cultura, moralità, capacità di pensiero indipendente, ecc.) del “popolo” in Italia è molto bassa. Uno dei dati più significativi in merito è che l’Italia è tra i paesi più ignoranti d’Europa.
  3. La crisi economica e sociale ha devastato un’enorme settore della società italiana e questo ha acuito la paura e la richiesta di protezione sociale.
  4. Qualcuno ha saputo abilmente sfruttare questi fenomeni per fare credere che la colpa delle sofferenze del popolo siano i poveri migranti e non gli straricchi e signori delle finanza, scatenando una guerra fra poveri e trovando un’eccezionale strumento di propaganda.
    Ovviamente, tale propaganda non tiene minimamente in conto la realtà. Vi invito a leggere questo mio articolo che contiene alcuni dati, in base ai quali si deduce che
  5. I contorni del fenomeno migratorio sono molto diversi nei numeri e nelle forme da come li si dipinge: non c’è nessuna invasione!
  6. La presenza dei migranti non è un fattore che determina in qualche modo fenomeni criminali o devianti.
  7. I migranti sono una componente fondamentale della nostra società, senza la quale essa si troverebbe in grave difficoltà.

Nel valutare il fenomeno in modo completo, occorre ricordare che l’occidente ha enormi responsabilità storiche e morali nei confronti dei paesi di partenza dei migranti. Quando diciamo che dobbiamo aiutarli a casa loro, ci dovremmo ricordare di quanto li abbiamo già “aiutati”.
Allo stesso tempo, occorre evitare il buonismo a prescindere. L’immigrazione è un fenomeno complesso e, per quanto inevitabile e necessario, non può non essere regolamentato con attenzione, perché, in caso contrario, può produrre devianze e storture.
L’unica soluzione, allora, sarebbe un’accoglienza ragionevole: salvare le persone che rischiano di annegare, non criminalizzare le ONG (per quanto, qualora commettano dei reati, devono essere perseguite come qualunque altro soggetto), elaborare dei corridoi umanitari per i soggetti che hanno diritto ad essere accolti, abolire la legge Bossi-Fini, introdurre lo Ius Culturae, fare accordi coi paesi di origine affinché l’Italia possa pattugliare e bloccare l’imbarco di barconi di profughi, integrare gli immigrati regolari, prevedere quote e limiti all’ingresso di immigrati, essere inflessibili nei confronti dei clandestini e di chi commette reati, spingere per accordi coi paesi di origine sui rimpatri e con i paesi UE per superare il trattato di Dublino. Questa forse è l’unica strada percorribile, per un paese civile.
Porta consenso?
No!

6. AMBIENTE

“La nostra casa è in fiamme”.
Greta Thunberg

Uno dei temi del dibattito politico che mi stanno più a cuore è quello relativo alla tutela dell’ambientate. La Biosfera non ha confini e le nostre azioni ricadono anche sulla flora e dalla fauna e quindi, vi è un tema di tutala della biodiversità (io sono un fervido animalista e adotterei tutti gli animali abbandonati, se potessi!). Non è nostro diritto, per esigenze individuali, mettere a repentaglio un patrimonio dell’umanità intera per qualunque ragione di guadagno o di profitto, fermo restando la necessità, per quanto possibile, di non diminuire il livello di benessere e di emancipazione sociale della nostra civiltà.
È ormai chiaro che l’attuale modello di sviluppo economicista, capitalista, basato sul consumo forsennato di risorse naturali e sulla combustione degli idrocarburi ha condotto ad una spirale autodistruttiva, portando il nostro pianeta sull’orlo di un collasso ecologico e climatico. Di seguito, si proverà a delineare i contorni dell’emergenza ambientale, provando poi a cercarne le cause economico sociali e a provare a stabilire delle linee di intervento.
Limitiamoci a fare qualche esempio locale di cambiamento climatico: in Italia, nel 2019 hanno avuto luogo 1.665 eventi climatici estremi (5 al giorno). Dal 1980 al 2017, in UE, gli eventi climatici hanno causato danni pari a 426 miliardi di dollari, l’Italia è stata il secondo paese più colpito con 64,6 miliardi di dollari, dietro la Germania.
È pressoché certo che il riscaldamento, in gran parte, ha origine antropica, in particolare è causata dell’emissione di gas serra nell’atmosfera essendo l’inizio del riscaldamento coincidente con la Rivoluzione Industriale. Se non si attuano poderose misure di mitigazione, la temperatura media globale potrebbe crescere di un valore compreso fra i 2 e i 4 °C, per la fine del secolo.
Le conseguenze di tutto ciò ricadranno sia sulla vita animale che sulla società umana e saranno anche di natura politica ed economica. I Governi, però, sembrano più preoccupati della crescita economica e si affidano all’opinione degli economisti.
Oltre all’emergenza ambientale legata al mutamento climatico, più in generale, è presente una crisi ambientale legata all’alterazione che l’attività umana sta provocando sulla biosfera, con inevitabili ricadute sulla salute umana e animale.
In Italia, l’inquinamento atmosferico, provoca ogni anno circa 85000 decessi (il peggiore dato a livello europeo), a causa delle micropolveri sottili, il biossido di azoto, l’ozono, l’ammoniaca, il metano. Secondo uno studio dell’ENEA, l’inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi in media (la pianura padana, in particolare, è una camera a gas, l’area più inquinata d’Europa) e il danno è anche economico (ad esempio in termini di giornate di lavoro perso e di interventi sanitari, per una perdita di ricchezza nazionale del 4,7% .di PIL). Questi fattori causano un numero di morti all’anno paragonabili a quelli causati dal Covid-19 nel 2020
I nodi più critici sono le aree urbane.
Oggi, nel dibattito pubblico e sui media domina la teoria dello “Sviluppo Sostenibile”, ossia che sia possibile continuare a produrre beni e servizi, e quindi produrre profitti, semplicemente modificando alcuni processi ed alcune abitudini, rendendo la produzione e il consumo “ambientalmente sostenibili”. Ma è davvero così?
È stato ormai dimostrato che la sostenibilità ecologica può essere raggiunta solo mediante una riduzione della produzione inquinante, ed occorre un passaggio di priorità dall’efficienza alla sufficienza, con la seconda al primo posto. Per semplificare, l’idea di “sviluppo sostenibile” è un’illusione ed occorre produrre e consumare di meno.
Il vero nemico dell’ambiente e del clima non sono le emissioni, ma il capitalismo (e le sue dottrine politiche, come il liberismo, l’economicismo, il culto dello sviluppo e del PIL), quello stesso sistema che ha prodotto un mondo dominato dalle diseguaglianze sociali, un mondo dove le uniche linee guida sono il mercato ed il profitto, a scapito dei diritti sociali, ambientali e del benessere collettivo. I politici, ormai, parlano solo di sviluppo, di conti pubblici, di PIL e quasi niente di diritti, salari e, appunto, ambiente. Nessun partito, ormai, ha il coraggio di mettere in discussione questi dogmi e di proporre l’evoluzione verso un modello socio-economico diverso. Finché questo non accadrà, non sarà possibile implementare delle vere politiche per l’eguaglianza sociale e la sostenibilità ambientale ed allora sarà troppo tardi!
Il maggiore peso della transizione dalla “crescita” alla sufficienza deve essere allocato sui processi produttivi, in modo di evitare un regresso sociale: non sono accettabili certe dottrine della decrescita felice, per cui bisogna farsi le cose a casa, sottraendo tempo allo studio, al tempo libero, ecc. Occorre, piuttosto, una cultura dell’essenzialità che limiti il superfluo. Occorre che il peso economico di questa mancata crescita ricada nella maggior misura possibile sui soggetti più abbienti, nell’ottica di una redistribuzione economica e sociale. Non ci si può illudere che basti fare pagare il peso della mancanza di crescita sui più ricchi. Occorre indurre, i cittadini, TUTTI, a cambiare completamente le loro abitudini, imponendo misure che ne modifichino profondamenti gli stili di vita.
Parlando di temi ambientali, la questione più rilevante, a mio modo di vedere, risulta essere quella energetica. La sfida per l’individuazione e lo sfruttamento di nuove fonti energetiche è una delle più importanti del 21° secolo.
È assolutamente fondamentale diminuire massimamente i consumi energetici del nostro pianeta (di nuovo, meno produzione e consumo) e ridurre il più rapidamente e sensibilmente possibile la dipendenza dai combustibili fossili.
Una strada che potrebbe essere interessante provare a perseguire potrebbe essere quella delle cosiddette “Comunità Energetiche” (su cui vi invito a leggere questo articolo). Esse possono essere definite nel seguente modo: “un insieme di utenze che decidono di fare scelte energetiche comuni al fine di massimizzare i risparmi derivanti dall’utilizzo dell’energia, attraverso soluzioni di generazione distribuita e di gestione intelligente dei flussi energetici” (Fonte: Osservatorio GDF Suez). I vantaggi derivanti dall’implementazione delle Comunità Energetiche sono diversi, tra cui la riduzione delle bollette energetiche, l’incremento dell’efficienza e diminuzione delle perdite della rete, la riduzione dell’impatto ambientale. Tutto ciò implicherebbe una trasformazione importante da parte delle utility energetiche, il cui ruolo dovrebbe progressivamente modificarsi, da gestori diretti della produzione e della distribuzione, ad erogatori di servizi finalizzati allo sviluppo ed al supporto delle Comunità Energetiche.
Voglio però concludere richiamando quanto affermato sopra: la transizione energetica è essenziale, ma essa non scongiurerà il collasso ambientale, a meno che, contestualmente, non si riduca la produzione ed il consumo globale, nella fattispecie il consumo di energia.
A questo punto sorge spontanea una riflessione. Se il benessere è una funzione unicamente del PIL (e altri indicatori economici) il quale misura il valore economico di beni e servizi, ma nulla dice su distribuzione del reddito, costi ambientali, ecc. e il PIL deve essere ridotto per evitare il collasso ambientale, siamo condannati e veder diminuire il nostro benessere?
Tutto sta a come si definisce il benessere. La qualità della vita delle persone dipende anche da altri fattori, come l’ambiente salutare, una più equa distribuzioni del reddito, delle opportunità, la coesione sociale, la lotta al disagio mentale.
Per raggiungere un’economia del benessere occorre concepire un diverso tipo di economia.
Da tutto questo che cosa si può concludere?
L’ampiezza, la complessità e la gravità del problema non ci mette della condizione di dare risposte definitive, tantomeno in un documento di poche pagine. Cionondimeno, tentiamo di affermare alcuni principi ed alcuni esempi di azioni da implementare per invertire la tendenza e riportare la nostra civiltà su una strada che ne possa evitare il collasso. Si possono stabilire alcuni principi:

  1. Il decisore politico, quando deve stabilire le politiche economiche e ambientali, non deve considerare unicamente indicatori limitati nel tempo e nello spazio, ma avere un approccio sistemico, ossia considerare l’impatto nel suo insieme, prendendo in esame tutti gli aspetti, basandosi su studi scientifici.
  2. L’economia “green” va perseguita, ma nei termini in cui provoca effettivamente una diminuzione dell’impatto ambientale complessivo, sulla base dei criteri enunciati nel principio 1. In generale, occorrono norme ambientali molto rigide.
  3. Una transazione verso un’economia “green” non è sufficiente per evitare il collasso climatico ed ambientale. Per impedire il collasso è necessario passare dalla dottrina economica della crescita a quella della sufficienza e questo non può che implicare un calo del benessere economico dell’umanità.
  4. Certo la politica deve perseguire il benessere dei cittadini, ma tale benessere non deve essere solo di natura economica, bensì considerare altri aspetti, come la salute fisica e mentale, la qualità degli spazi pubblici, ecc.
  5. Laddove sia possibile, occorre coniugare sostenibilità ambientale e eguaglianza sociale e fare ricadere i costi della transizione e dell’eventuale decrescita sui ceti più abbienti, ma questo non può essere un fattore di rallentamento della transizione.
  6. La transizione implica un cambiamento di paradigma, una profonda trasformazione del nostro sistema economico e sociale in senso più egualitario, dove lo stato assuma un ruolo predominante rispetto al mercato imponendo riforme finalizzare alla giustizia sociale e ambientale.

Vi sono tante azioni che si possono implementare: diminuire gli spostamenti, ridurre il riscaldamento, rivedere le politiche idriche, rinunciare a qualche comodità, puntare su prodotti riutilizzabili in un’ottica di economia circolare, cambiare le abitudini alimentari, consumando un po’ meno carne, favorire il commercio equo e solidale, bloccare completamente il consumo di nuovo suolo, abolire la caccia, convertire l’intera produzione di energia elettrica su fonti a emissione 0, realizzando al contempo le Comunità Energetiche, formare e sensibilizzare le nuove generazioni e la cittadinanza tutta, sulle tematiche ambientali e sui comportamenti responsabili mediante progetti scolastici e percorsi partecipativi, ripensare completamente l’attuale modello di città, togliendo un grosso numero di veicoli per strada, ecc.

7. CULTURA ED ISTRUZIONE

“Se la conoscenza può creare dei problemi, non è tramite l’ignoranza che possiamo risolverli”.
Isaac Asimov

Sulla scuola ho recentemente riflettuto in questo articolo. Il fallimento della società italiana è anche il fallimento della sua scuola!
La cultura, e quindi la scuola, è la linfa vitale di qualsiasi democrazia funzionante, di qualsiasi Civiltà: è ciò che consente di rendere efficiente il ragionamento, di collegare i concetti tra di loro e quindi di essere in grado di interpretare la realtà che ci circonda, di leggere correttamente le situazioni, di comprendere quali sono i nostri interessi e quando e da chi vengono tutelati; di esercitare quel grado di vigilanza irrinunciabile per non perdere i diritti fondamentali dei cittadini, individuali e collettivi.
Ovviamente, i luoghi principe dove forgiare la cultura sono le sedi istituzionali ufficialmente preposte, ossia la scuola e l’università. La scuola deve essere in grado di forgiare dei cittadini, non degli operai o peggio dei consumatori (certamente, il ruolo della scuola NON è di spingere il PIL!), che siano in grado di tutelare i loro diritti individuali e quelli collettivi, inoltre, la scuola svolge anche il ruolo essenziale di “ascensore sociale”, è lo strumento principale che consente di implementare la mobilità sociale, che permette a tutti i ragazzi di poter sfruttare appieno le loro potenzialità e di non rimanere indietro in questa società ipercompetitiva. Ed è precisamente ciò che NON accade! Il figlio del medico o dell’insegnante, generalmente, va al Liceo e si laurea, il figlio dell’operaio o, comunque, di un lavoratore poco qualificato, proveniente da famiglie economicamente e culturalmente disagiate, andrà in un istituto tecnico o professionale!
I fallimenti della scuola sono molteplici: gli italiani sono, in media (dati ISTAT, OCSE, ecc.), afflitti da grave ignoranza (fallimento didattico), poco sensibili alle regole (fallimento educativo), non in grado di emanciparsi socialmente (fallimento sociale).
Proverò ad illustrare quali sono, in base alla mia personalissima esperienza, i principali problemi legati alla scuola oggi.

  1. Emergenza Educativa e Didattica: il problema principale della scuola, secondo me, è questo. Siamo in presenza di una colossale emergenza educativa: gran parte dei ragazzi che oggi frequentano le scuole superiori (quelle di cui riesco ad avere una esperienza diretta) mancano di senso del limite, di freno nei comportamenti, di rispetto per l’autorità che il docente ricopre. Oggi, gli studenti (e su questo una certa cultura buonista di sinistra ha avuto un’influenza deleteria) sono considerati alla stregua di oggetti di cristallo, sono fortemente tutelati dal sistema, così che una parte, certamente minoritaria ma sufficiente a destabilizzare le classi, si sente intoccabile e quindi libera di fare qualunque cosa. Probabilmente, questo accade perché i genitori vengono meno al loro ruolo educativo e l’unica autorità che può supplire a questa mancanza è la scuola stessa: il contesto in cui intervenire prioritariamente per ricostruire un bagaglio valoriale solido nei nostri giovani non può che essere la Scuola. Purtroppo, però, il buonismo è manifestato non solo dai genitori, ma anche da molti docenti e, soprattutto, presidi.
  2. Disagio economico e culturale delle famiglie: le famiglie economicamente e socialmente svantaggiate sono, generalmente, anche quelle svantaggiante culturalmente che non permettono al bambino/ragazzo di crescere in un ambiente culturalmente stimolante e non lo inducono allo studio ed al valore ed alla bellezza della conoscenza.
  3. Numero ore: il numero di ore attuali, soprattutto per le materie scientifiche e per la Storia, è assolutamente insufficiente.
  4. Numero studenti per classi: la difficoltà della gestione della classe sia di tipo didattico che disciplinare aumenta col numero di studenti, rendendo più complesso avere un rapporto diretto con loro e spesso le classi hanno una trentina di studenti.
  5. Formazione Docenti e Reclutamento: un laureato non necessariamente è un bravo docente, occorre che abbia una formazione specifica, nelle tecniche di insegnamento e valutazione. Allo stesso tempo, però, vi sono persone che da decenni sono precarie.
  6. Zavorre e Pastoie: oggi il docente è quasi più un burocrate che un insegnante (programmi, relazioni finali, assegnazione libri di testo, ecc.), gli organi collegiali hanno poco o nessun senso. Ulteriore follia è la cosiddetta “Alternanza Scuola-Lavoro” (adesso PCTO) che fa perdere tempo dedicabile allo studio e spesso costringe gli insegnati ad un aggravio burocratico e gli studenti ad attività assolutamente non in linea col loro percorso di studi. Per i Licei è assolutamente insensata.
  7. Stipendi docenti: l’Italia, secondo il rapporto Eurydice 2017/2018, ha, quasi, il livello più basso dei paesi UE. Ne vogliamo parlare?
  8. Programmi e cicli: i programmi, almeno quelli di Matematica e Fisica non sono adeguati. Anche i cicli sono inadeguati non ha senso studiare le stesse cose 3 volte (elementari, medie, superiori).

Quali soluzioni per superare queste criticità?
Provo a elencare qualche idea, senza pretesa di scientificità, ma basata sulla mia esperienza di docente e la mia sensibilità.

  1. Disciplina/Educazione: le parole chiave devono essere serietà, severità e rigore! Occorre restituire autorevolezza ai docenti ed alla scuola, con strumenti disciplinari molto più efficaci per i docenti.
  2. Innalzamento livello didattico: i docenti dovrebbero pretendere un maggiore impegno (quello che era richiesto una ventina di anni fa) dagli studenti e assegnare voti con maggiore parsimonia.
  3. Sburocratizzazione e organi collegiali: gran parte del lavoro di ufficio deve passare attraverso gli amministrativi i cui organici vanno rafforzati. Per quanto riguarda il consiglio di classe, dovrebbe rimanere per la componente docenti, ma in modo che sia possibile svolgerlo anche in modalità virtuale, mentre dovrebbe essere abolita la componenti studenti e genitori. I collegi docenti non dovrebbero essere più obbligatori, così come alla riunioni di dipartimento.
  4. Flessibilità oraria/Didattica a distanza: introdurre ore extra che i docenti possono aggiungere a loro discrezione, al pomeriggio o alla fine dell’anno scolastico e che possono svolgersi anche tramite didattica a distanza.
  5. Riforma dei Cicli: riformare i cicli trasformandoli da 3 a 2, ad esempio uno di 7 anni ed uno da 6. Si risparmierebbero molte ore. Nel secondo ciclo, con un anno in più, si potrebbe immaginare di dedicare l’ultimo ad un avanzamento ulteriore del programma rispetto ad oggi ed il resto al ripasso generale.
  6. Reclutamento: occorre stabilizzare i precari attuali (ponendo un discrimine, ad esempio, rispetto al numero di anni di servizio: quelli che hanno almeno tot anni vengono stabilizzati, gli altri no), svolgendo concorsi tutti gli anni, in base alle necessità legati al turnover e degli organici. Tutti gli altri aspiranti docenti andranno formati da zero, così, seppure in tempi medio-lunghi, avremo un corpo insegnati con una formazione specifica.
  7. Sport: lo sport dovrebbe essere maggiormente presente nella vita dei giovani e le “scienze motorie” dovrebbero trasformarsi “educazione sportiva” e consistere in attività sportive. Ogni studente dovrebbe essere tenuto a svolgere almeno un’ora di sport alla settimana, garantita da un’opportuna certificazione.
  8. Educazione Ambientale: è fondamentale introdurre l’educazione ambientale nelle scuole, soprattutto nei gradi inferiori, possibilmente portati avanti da realtà del III settore, senza perdere ore di lezione.
  9. Obbligo scolastico e mobilità sociale: a mio parere, tutta la popolazione dovrebbe conseguire almeno il diploma, pertanto, l’obbligo scolastico deve alzarsi di conseguenza.
  10. Studenti per classe: per come la vedo io, il numero di studenti per classe non dovrebbe superare le 15 unità, possibilmente 10 e questo si può fare solo garantendo nuovi spazi, e, soprattutto, assumendo più docenti.
  11. Scuola aperta: sarebbe bellissimo se la scuola fosse una realtà aperta per tutto il giorno, dando la possibilità agli studenti di fare attività pomeridiana di studio individuale, o attività sportiva/aggregativa, aprendo quindi anche le sue palestre e i suoi cortili. La necessaria sorveglianza, però, dovrebbe essere svolta senza gravare sul corpo docenti.
  12. Stipendi docenti: gli stipendi dei docenti andrebbero un po’ alzati.
  13. Prevenzione dipendenza e benessere psicologico: fondamentali delle attività laboratoriali, per i più piccoli, sulla prevenzione delle dipendenze di tutti i tipi. Altrettanto importanti, per il benessere psicologico, sono gli sportelli di ascolto, che però spesso non raggiungono gli standard di qualità necessari per legge e quindi devono essere adeguati. È altresì necessaria una maggiore collaborazione fra la scuola e le realtà del terzo settore, per indirizzare bambini e ragazzi verso attività di svago sane (sport, ecc.) e servizi utili ad integrare la didattica (doposcuola, ecc.). Su questo argomento è utile scaricare e leggere il file “Giovan8”.

8. ECONOMIA E GIUSTIZIA SOCIALE

“Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra diseguali”.
Don Lorenzo Milani

È una costante della Storia il fatto che le classi dominanti siano sempre state capaci di imporre una narrazione, una visione del mondo della società che permettesse loro di continuare a vivere di privilegi, sulle spalle della classe lavoratrice, la quale, tendenzialmente, accetta tale narrazione non avendo gli strumenti culturali per rovesciarla.
Con la dissoluzione del sistema sovietico (peraltro antidemocratico e oppressivo), l’establishment economico ha potuto riaffermare la sua egemonia culturale sulla società: il conflitto sociale è finito, perché lo hanno vinto i padroni!
Così oggi, abbiamo un modello di riferimento culturale per cui l’unico orizzonte è lo sviluppo economico, per cui occorre comprimere i diritti sociali, ambientali e di salute per non danneggiare l'”ECONOMIA”, l’unica divinità che sembra che tutti omaggino. Per lo sviluppo economico si sacrifica tutto, come hanno dimostrato le aperture precoci in questi anni di pandemia che hanno causato migliaia di morti.
La politica è totalmente ostaggio di questa convinzione, per cui è quasi impossibile sentire un esponente politico che abbia il coraggio di ipotizzare qualche misura che possa anche lontanamente limitare le libertà economiche di qualcuno o danneggiare l'”ECONOMIA”, anche nei partiti progressisti. Oggi, c’è in giro un virus molto più pericoloso del covid: il virus del Liberismo.
Ebbene, occorre ribaltare questa narrazione: subito dopo la morale e tutela dell’ambiente, la priorità politica dovrebbe essere la GIUSTIZIA SOCIALE!
Occorre una trasformazione radicale, seppur progressiva e graduale del nostro sistema economico-sociale. La corretta dottrina economica dovrebbe essere quella “democratica”, che garantisca una effettiva eguaglianza (non solo “di partenza” come nel pensiero liberale) di tutti i cittadini.
Una società realmente democratica deve, nei limiti del possibile e della ragionevolezza, tentare di annullare le diseguaglianze economiche e sociali così da rendere realmente i cittadini “eguali”. Questo si può realizzare contenendo l’ingordigia e l’arbitrio individuale e perseguendo le istanze del bene comune, piuttosto che quelle dei privati. Non è ciò che l’Art. 3 della Costituzione afferma? Ovviamente, condizione necessaria per poter realizzare ciò è un impianto istituzionale basato su solide basi democratiche e sul rispetto assoluto della Costituzione, delle procedure legislative, della netta separazione dei poteri, delle autorità di garanzia e dell’unità nazionale. È tutto ciò condizione sufficiente per ottenere l’eguaglianza?
È centrale il tema della redistribuzione del reddito, dal momento che, negli ultimi anni, la forbice tra ricchi e poveri si è dilatata in modo allarmante, colpendo le rendite finanziarie (non il risparmio dei cittadini) ed i grandissimi patrimoni (per capirci, quelli dei miliardari), così come il lusso, gli sprechi e, soprattutto, l’evasione fiscale. Sarebbe anche il momento di spostare la tassazione dal reddito al patrimonio con qualche tipo di tassa patrimoniale, anche in questo caso, con progressività e concentrandosi sui grandi e grandissimi patrimoni. Occorre che la politica possa riprendere il suo ruolo di guida e non essere più succube dei poteri economici. Occorrono certamente misure assistenzialiste, come il Reddito di Cittadinanza, che però andrebbero finanziate non a debito, bensì con una rimodulazione del sistema fiscale a svantaggio dei ceti più abbienti e devono essere accompagnati da controlli rigorosi per evitare storture, furberie.
Fondamentale la tutela di tutti i beni comuni!
Occorre adoperarsi in tutti i modi perché il pubblico disponga di più risorse e ciò si realizza primariamente (nuovamente) col contrasto all’evasione fiscale.

9. EUROPA

“La democrazia ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt’altro – populista, di manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non riformeremo rapidamente le nostre democrazie. E non c’è ambito in cui questa riforma sia più necessaria che in seno alla stessa Unione Europea”.
Paul Ginsborg

Per quanto sia una persona per molti aspetti legata al territorio, ho sempre creduto nel sogno degli Stati Uniti d’Europa. La prospettiva di un’Europa Federale ed unita rappresentava, per me, non solo un modello ideale di libertà, solidarietà ed eguaglianza, ma anche un aggregato plurinazionale di una realtà culturalmente affine che si ponesse come soggetto unitario sulla scena mondiale, in grado di prosperare e contribuire a stabilizzare il globo, una necessità in un mondo globalizzato in cui si deve competere con potenze quali Cina, India, Russia, ecc., per evitare di diventare succubi di queste.
Il sogno si sta infrangendo e forse si è definitivamente infranto. Sono stati commessi errori nel percorso di aggregazione che ne hanno compromesso il completamento: la scelta di procedere ad istituire una moneta unica, costruire quindi un’integrazione economica, ma di fatto non un integrazione politica forte, così come quella di avere dato via libera ad ingressi di massa di nuovi membri prima che l’unione fosse completamente consolidata.
Uscire ora da questa impasse è molto complesso. Occorre cercare di modificare gli equilibri, rilanciando il processo di integrazione su basi politiche e sociali ed occorre difendere strenuamente le conquiste che sono state conseguite. Non bisogna toccare la moneta unica, il trattato di Schengen, mentre occorre diminuire il peso dei governi nazionali andando verso un Europa più federale, in cui si rafforzi il ruolo del Parlamento e della Commissione Europea, eliminando il potere di Veto del Consiglio Europeo.
Mi concederete una provocazione: l’UE andrebbe sciolta e ricostruita da zero: con un numero minore di paesi (quelli che condividono una visione avanzata dei diritti sociali e civili), unita, progressista e con una forte integrazione politica.