Anche se, in genere, non emerge nel dibattito pubblico, uno dei fattori che maggiormente influenzano l’andamento dell’economia è l’approvvigionamento energetico. In un certo senso, è stata proprio la grande disponibilità di energia a costo relativamente basso (fondata sullo sfruttamento del petrolio) che ha permesso lo sviluppo economico e sociale della società moderna (ad esempio, l’esistenza delle pensioni, che prima dell’economia del petrolio non erano possibili). La sfida per l’individuazione e lo sfruttamento di nuove fonti energetiche è una delle più importanti del 21° secolo. Ma al pari fondamentale è un ripensamento della logistica di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia elettrica e termica, nell’ottica del risparmio (sia energetico che economico), dell’efficienza e dell’adattabilità rispetto ad un sistema che sta rapidamente cambiando.
Così come sta cambiando il clima. Nel corso dell’ultimo secolo sembra che la temperatura media globale sia aumentata di un valore compreso fra 0,6 °C e 1 °C, quasi tutti i ghiacciai del mondo si stanno ritirando, i deserti si stanno espandendo e i fenomeni atmosferici estremi stanno, purtroppo, diventando assai frequenti. I principali responsabili sono i cosiddetti gas serra, tra cui l’anidride carbonica (prodotta in grande quantità, perché deriva dalla maggior parte dei processi di combustione, tra cui quella dei combustibili fossili), il metano, gli alocarburi, il protossido d’azoto, l’ozono, ecc.
C’è poi il problema dell’inquinamento, quindi l’impatto ambientale sulla salute umana e animale. L’aria malsana, secondo l’OMS, è il fattore ambientale di maggiore rischio per la salute umana, responsabile di circa 7 milioni di decessi nel mondo, ossia il 12% del totale delle morti premature.
Dovrebbe essere, pertanto, chiaro a tutti che la limitazione dei fattori inquinanti, la tutela dell’ambiente, del clima, della salute e della biodiversità dovrebbero essere prioritari rispetto anche a tematiche pure importanti come economia e occupazione, per qualsiasi partito o qualsiasi governo. Eppure, soprattutto in Italia (basta ripensare all’ultima campagna elettorale), la tematica ambientale è quasi assente dal dibattito pubblico, perché non porta consenso immediato.
Noi crediamo che questa tendenza vada invertita e che sia assolutamente imprescindibile uno scatto in avanti, un atto di coraggio che aggredisca in modo sostanziale le suddette problematiche.
Le fonti dell’inquinamento atmosferico e dell’emissione di gas serra possono essere le più diverse e non tutte sono di origine antropica, cionondimeno si possono raggruppare, sostanzialmente, in traffico veicolare, riscaldamento domestico, agricoltura, artigianato ed industria e, in quest’ultima categoria, annoveriamo anche la generazione di energia. Ed è proprio sulla generazione e distribuzione di energia elettrica e termica che ci concentreremo in questo articolo.
Lo sfruttamento dei combustibili fossili (per la generazione termoelettrica, il riscaldamento ed i trasporti) è uno dei fattori di maggiore impatto ambientale, in termini di emissione e di sostanze inquinanti e gas serra. L’energia ricavata dai combustibili fossili risulta avere un costo relativamente basso (è questo fattore che ha consentito lo sviluppo della nostra società industriale), mentre le FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) hanno normalmente dei costi molto più elevati. Questo rende difficile convincere i governi (soprattutto quelli dei paesi in via di sviluppo, che stanno avendo grande beneficio economico dallo sfruttamento dei combustibili fossili) e l’establishment economico a convertire la produzione di energia verso le rinnovabili.
In questo contesto, un altro aspetto fondamentale è l’“efficienza energetica”. Più sono efficienti i sistemi di produzione, trasporto e consumo, minore energia si deve produrre e consumare, il che rappresenta un vantaggio in termini economici ed ambientali.
Pertanto, lo sforzo verso un sistema energetico sostenibile deve essere sostanzialmente rivolto verso due direzioni:
- La massima riduzione possibile della dipendenza da combustibili fossili o comunque da fonti ad elevate emissioni di gas serra ed inquinanti.
- Il massimo incremento dell’efficienza Energetica e la riduzione dei consumi.
Le FER si stanno comunque sviluppando, ma il loro impiego presuppone una metodologia di produzione, trasporto e diffusione differente rispetto alle fonti energetiche tradizionali sulle quali sono modellate le attuali reti di distribuzione. Essendo per lo più di piccola e media taglia, quindi di bassa potenza, incostanti nella produzione (si pensi al fotovoltaico) e spesso localizzabili solo in determinate zone (si pensi all’eolico) le FER sono maggiormente adatte ad una produzione diffusa sul territorio e, per certi aspetti, maggiormente “democratica”. Ma una simile funzionalità richiede appunto, una filosofia molto diversa nell’approccio della gestione e della distribuzione. Ad esempio, a causa della difficoltà della programmazione della produzione, il loro rendimento migliora se si sfruttano tecnologie di gestione della domanda.
In pratica, si immagina una generazione “sparsa” di energia (fotovoltaico, micro-eolico, micro-idroelettrico, ecc.), coinvolgendo i singoli utenti sia come produttori sia come fruitori, rendendoli essi stessi protagonisti della produzione energetica, attraverso vari centri di produzione sul territorio, a potenza limitata (quindi non “centrali”), possibilmente rinnovabili, con la capacità di regolare produzione e consumi in modo “intelligente”, stoccare energia in eccesso e reimpiegarla quando necessario.
Quali strumenti possono aiutare a raggiungere questi obiettivi?
La risposta potrebbero essere le, cosiddette, “Comunità Energetiche” (CE).
Le CE possono essere definite nel seguente modo: “un insieme di utenze che decidono di fare scelte energetiche comuni al fine di massimizzare i risparmi derivanti dall’utilizzo dell’energia, attraverso soluzioni di generazione distribuita e di gestione intelligente dei flussi energetici” (Fonte: Osservatorio GDF Suez). Per fare un esempio pratico, un condomino potrebbe installare sul tetto i pannelli fotovoltaici, generare energia durante il giorno, accumularla e poi distribuirla ai propri condomini mediante un sistema informatico e di telecomunicazione “smart”, durante la notte o comunque secondo sulla base della necessità di consumo effettivo; la stessa cosa, potrebbe fare una frazione isolata. I vantaggi derivanti dall’implementazione delle Comunità Energetiche sono diversi, tra cui la riduzione delle bollette energetiche, l’incremento dell’efficienza, la diminuzione delle perdite della rete, la riduzione dell’impatto ambientale; ma, la trasformazione del sistema produrrebbe anche una trasformazione sociale, non solo producendo nuovi posti di lavoro, ma anche ingenerando una maggiore consapevolezza della gestione dell’energia e quindi anche una nuova socialità.
Il primo requisito necessario all’implementazione di una Comunità Energetica è la disponibilità delle tecnologie abilitanti, le quali presentano diversi livelli di convenienza, maturità tecnologica ed applicabilità e che si possono suddividere in tre categorie:
- Produzione (solare, micro-eolico, micro idroelettrico, pompe di calore, ecc.) stoccaggio (batterie) ed utilizzo “smart” di energia
- Intelligenza (hardware e software per la gestione dei flussi energetici, quindi tecnologie ICT).
- Infrastruttura, per il trasporto intelligente di energia (“smart grid”) e scambio di informazioni (tramite linea Telefonica, Wi-Fi, ecc.)
Dal punto di vista normativo, in Italia siamo molto indietro sulla implementazione di CE, manca un organico quadro regolatorio in materia, con innumerevoli fonti legislative parziali differenti. Di fatto, ad oggi, la normativa nazionale non consente la formazione di CE nella loro forma compiuta, permettendo soltanto il cosiddetto “scambio in loco”, cioè l’immissione di energia autoprodotta (ad esempio con pannelli fotovoltaici) in surplus nella rete, ma non la trasmissione ad altri utenti. Purtuttavia, qualche passo in avanti è stato compiuto, da esempio con la legge 221/2015 che consente la costituzione delle “Oil Free Zone” (zone libera da petrolio) che possono essere promosse dai comuni interessati e regolamentate delle regioni. La legislazione europea, invece, si dimostra più avanti, ad esempio con la riformulazione della Direttiva 2009/28/EC dalla commissione ITRE.
Ma, per la realizzazione di CE, oltre all’aspetto legislativo, occorre anche una “rivoluzione” da parte delle utility energetiche, il cui ruolo dovrebbe progressivamente trasformarsi, da gestori diretti della produzione e della distribuzione, ad erogatori di servizi finalizzati allo sviluppo ed al supporto delle Comunità Energetiche (ESCO). Le ESCO potrebbero mettere a disposizione il proprio know how, sia sotto il profilo tecnico che normativo, finora applicato solo ai propri impianti e nella logistica della distribuzione, offrendo servizi per la costituzione, il controllo, l’informazione e la formazione in merito alle CE.
Infine, vi è un problema di tipo economico, perché, per quanto sul lungo periodo le CE consentano un risparmio, i costi iniziali sono ancora molto elevati e non sussiste un sistema di incentivazione che possa contribuire ad ovviare questi problemi. I fondi devono spesso essere raccolti da diverse fonti, con grande difficoltà. In particolare si è di fronte ad una forte incertezza sulla presenza e l’assegnazione di incentivi e la totale assenza delle ESCO (Energy Services Company) in questo nuovo mercato.
Infine è indubbio che su questi temi vi sia scarsa sensibilità e, soprattutto, scarsa conoscenza del tema.
Quale può essere la strategia per favorire lo sviluppo del CE in Italia? Occorre un intervento legislativo, una legislazione unica, specificamente dedicata alla regolamentazione ed allo sviluppo delle CE, che riprenda, sostituisca ed unifichi anche la legislazione frammentaria che, attualmente, regolamenta le forme normative assimilabili alle CE.
Tale legge dovrebbe
- Favorire l’evoluzione delle utility energetiche (ENEL, IREN, ecc.) da semplici produttori e venditori di risorse energetiche a ESCO, ossia fornitrici di servizi e “know how” atti a favorire consulenza ed appoggio sia logistico che economico per lo sviluppo di CE.
- Rimuovere gli ostacoli gestionali e legislativi e regolamentare lo sviluppo delle CE rispetto ai bacini di utenza, la contiguità territoriale, la configurazione delle reti attuali e prospettiche, in collaborazione con gli enti locali. Essenziale la “modularità” delle CE, così da poter, in futuro, eventualmente, essere facilmente integrabili fra di loro tramite una “smart grid”.
- Razionalizzare le attuali reti di distribuzione (media e bassa tensione), rispetto ai percorsi e alla connessione “isola ad isola”, cioè alla connessione tra CE, facilitando in tal modo la trasmissione fra i vari poli e soggetti. Regolamentare il rapporto fra CE ed i gestori delle reti, così da razionalizzare la rete esistente in relazione alle esigenze di scambio, alle caratteristiche di produzione e consumo delle CE e alla loro collocazione geografica.
- Intervenire sul regime fiscale introducendo forme di incentivazione verso le FER ma che siano almeno in parte legate allo sviluppo di CE e che le Utility Energetiche siano incentivate a trasformarsi in erogatori di servizi per le comunità energetiche.
- Incentivare la ricerca delle tecnologie abilitanti, in particolare quelle di stoccaggio.
DI TUTTO QUESTO parleremo con Giovanni Colombo, già direttore di ricerca in TILAB e in ISMB e membro dell’Istituto Europeo EIT, docente aggiunto del Politecnico di Torino e il dott. Angelo Tartaglia, membro del Comitato Scientifico di Legambiente. Introduce e modera il dott. Riccardo Tassone (Associazione ALTrE PROSPETTIVE) e conclude l’ing. Luca Lippolis (Ingegnere IREN, Associazione ALTrE PROSETTIVE). Vi Aspettiamo LUNEDI’ 14 MAGGIO, H. 20:30 presso CENTRO DI INCONTRO S. SALVARIO, VIA LOMBROSO 16.
RICCARDO TASSONE per ALTrE PROSPETTIVE