Amare riflessioni post-elettorali.
Dopo avere appreso l’esito dell’ultimo congresso nazionale del PD, ebbi a scrivere: “Il PD, ora, è come un treno che sta andando a schiantarsi contro una montagna senza galleria e la montagna sono le prossime elezioni”.
Ecco, inviterei gli esponenti del Partito Democratico a provare ad ascoltare i “gufi”, perché, alcuni di essi, talvolta, riescono a vedere un po’ più distante degli altri.
È stata, credo, la più grande sconfitta del campo progressista della storia del dopoguerra.
È stata la sconfitta totale di una linea politica portata avanti dal 2014 ad oggi e della pervicacia (anche se forse il termine più appropriato è “arroganza”) dimostrata da chi quella linea l’ha implementata.
È stata la sconfitta delle forme tradizionali di fare politica.
È stata la rivolta contro l’establishment politico ed economico (considerati contigui, ritornerò su questo) e contro il disagio.
La ragione mi pare estremamente semplice. La rappresentanza si basa su credibilità e fiducia. Gli elettori non ci hanno considerato credibili e non si fidano più di noi. I discorsi che sentivo al mercato erano “tanto sono tutti ladri”, oppure “Renzi? Per carità!”.
Che gli Italiani, mediamente, non siano portatori di una grande cultura e sensibilità politico-istituzionale, così come il fatto che stiano male (e fra parentesi, eviterei di prendere per i fondelli i disperati che vanno a chiedere i moduli per il reddito di cittadinanza, sebbene si prestino molto) è agli atti da tempo.
Ma, il vero problema è la “questione morale” che investe tanto la società quanto la classe dirigente. Se uno sta bene, è disposto a perdonare i peccati della classe dirigente, ma, se uno sta male, NO!
Cosa abbiamo fatto, in questi anni, per contrastare la degenerazione morale della classe dirigente?
Ogni volta che c’era uno scandalo, noi dicevamo: “eh, ma noi siamo garantisti”, mentre gli altri (che erano facilitati in questo, occorre dirlo, dal fatto di non avere mai governato), invocavano l’onestà e sbattevano fuori la gente dai loro ranghi, seppure, a fasi alterne (vedasi Raggi, Appendino, Nogarin).
Così, coloro che credevano che i loro problemi nascessero tutti dagli immigrati hanno votato Lega, quelli che credevano fosse colpa dei politici “che rubano” hanno votato M5S.
Vogliamo capire che la Questione Morale è il più grande problema del “Sistema Italia”?
Non è solo un problema di rispetto della legge. Quando parlo di questione morale, mi riferisco al fatto che i politici devono agire per il bene comune. Non si può negare che, nel PD, sussistano dei soggetti che sembrano fare politica unicamente per tutelare i loro interessi, piuttosto che quelli della collettività.
Con gente del genere dentro il partito, è estremamente complesso respingere l’accusa di essere amici degli affaristi, anzi, non è proprio possibile!
La “sinistra” è passata dall’essere il riferimento del “popolo” ad essere quello del “glamour”, dei frequentatori dei i salotti buoni, con i Rolex al polso, delle associazioni datoriali, delle banche e, in generale, dell’establishment economico (avete presente “Linea Notte-Chi se Ne Fotte” di Crozza”)? Infatti, ormai, la maggior parte dei nostri voti arriva dalle zone borghesi, mentre le periferie rappresentano un buco nero.
Essa ha completamente perso il contatto con il “paese reale”, con quello zoccolo duro di popolazione, poco istruita, che non legge (e l’analfabetismo di ritorno è un problema immenso), che non si informa se non superficialmente, che ha problemi ad arrivare a fine mese, è spesso disoccupata o costretta a lavori con stipendi da fame e nessuna garanzia, che non ha nessuna fiducia nel futuro ed è particolarmente sensibile a messaggi semplici ed immediati (ad esempio, “onestà!”, “via i negri!”, “reddito di cittadinanza per tutti senza lavorare”).
Siamo considerati il partito dei potenti ed il problema è che la cosa non è del tutto distante dall’essere vera.
E poi, come ho detto, la protervia: abbiamo avuto una leadership che da anni perde le elezioni (e i referendum!), che ignora tutti i segni di disagio interni ed esterni, che continua sulla sua linea a dispetto di tutto e di tutti e che pervicacemente persiste a isolare chiunque non si esattamente allineata a lei.
Abbiamo coperto tutto ciò con la frase: “Abbiamo fatto buone leggi”; per carità, alcune sono giustissime e doverose, ma sapete cosa pensa la gente del testamento biologico? “Io non arrivo a fine mese e questi si preoccupano di quando sarò morto”. E riguardo alla Unioni Civili, la decenza mi impedisce di riportare le battute che ho ripetutamente ascoltato sulle persone omosessuali.
In più, sono stati portati avanti dei provvedimenti legislativi assolutamente inadeguati, ad esempio sulla scuola (non solo la “Buona Scuola”, ma anche provvedimenti successivi) che ci hanno inimicato vasti settori di elettorato (come i Sindacati, per colpa del Jobs Act).
Eppure, lo avete sentito, Renzi dopo le elezioni? È colpa di tutti tranne che sua: è colpa del Referendum, è colpa di Gentiloni, è colpa di Mattarella, è colpa della minoranza; lui si dimette, però, detta la linea e non viene in direzione a prendersi la sua responsabilità, ma va sciare!
Un leader serio, dopo una sconfitta come questa, chiede scusa, si presenta dimissionario, spiega le ragioni della sconfitta e poi si fa da parte e, sparisce! Ed invece no, lui vuole continuare a mantenere il controllo del partito.
Apriamo gli occhi, per favore.
In questi giorni sto sentendo di tutto: NO a governo con questi, NO a governo con quelli, segretario subito, segretario dopo, io mi candido, io non mi candido.
Questo sarebbe proprio il momento del silenzio, della riflessione e dell’attesa, attesa di cosa proporranno i vincitori ed attesa per cosa proporrà il Capo dello Stato.
Sulle prospettive di governo, non c’è una via facile per il PD: se appoggia un governo sarà quello che vuole tenersi le poltrone. Se non lo appoggia significa che non vuole capire il sentimento del popolo.
Eppure, faccio presente quattro questioni:
- Siamo in un regime parlamentare.
- Siamo in un sistema proporzionale.
- Siamo in un sistema tripolare.
- Ci siamo fatti 5 anni di governo con la destra e nessuno (soprattutto i renziani che guardano da quella parte e, anche adesso, secondo me, vorrebbero appoggiare un governo di destra) ha fatto una piega.
Ora, il M5S è un partito post-ideologico (anche in questo senso incarna il sentire politico dell’elettorato) e contiene tutto il contrario di tutto: ci sono i rigurgiti fascisti, c’è la tensione verso la democrazia diretta, c’è il cialtronismo (vaccini, scie chimiche, ecc.), ma ci sono anche delle istanze fortemente progressiste quali l’ambiente e l’onestà.
E l’alternativa è la Lega più Forza Italia.
Allora, se devo scegliere fra la parte che presenta carenza di apertura verso le altre culture (diciamo così), il bunga bunga ed i leader condannati, e la parte che invoca l’ambiente e l’onestà, nell’ambito di un sistema proporzionale e tripolare, non è difficile, per me, decidere dove stare. Quello che mi indispettisce è che i renziani hanno voluto fortemente appoggiare un governo con la destra ed adesso gridano: “dobbiamo stare all’opposizione”!
Io credo
- Che bisogna fare di tutto per evitare un governo della destra o peggio ancora un governo Lega + M5S.
- Bisogna rispettare le istanze che vengono dagli elettori che hanno scelto, in massa, il M5S (perché lì dentro ci sono istanze progressiste, mentre con la Lega non ci può essere nessun dialogo) e bisogna dimostrare di avere capito la lezione.
- Occorra evitare un governo Di Maio e, in genere, fare un cordone sanitario attorno all’inadeguatezza della classe dirigente del M5S.
Perciò, io non propongo di sostenere un governo che venga da quella parte; invece, quando il M5S verrà a parlare con noi, occorre proporre un “Governo di Cambiamento” (quello che cercò di fare Bersani nel 2013, sbagliando perché propose sé stesso come premier), fatto di persone di grandissima caratura morale (ad esempio, guidato da Zagrebelsky che era anche il punto di riferimento del No al referendum e questo dimostrerebbe di avere capito il messaggio), che faccia 3 cose:
- Moralizzazione, prima della classe dirigente, e poi della società.
- Tutela dell’ambiente e contrasto dei cambiamenti climatici.
- Contrasto alle diseguaglianze economiche e sociali.
Se si prendono la responsabilità di rifiutare, allora sì, è giusto stare all’opposizione.
Perché non fare un bel referendum fra la base per decidere la linea come ha fatto l’SPD e ha suggerito Chiamparino?
Credo che, però, più importante del governo sia la ricostruzione del PD.
Bisogna prendere un po’ di tempo, riflettere attentamente e capire se questo tipo di partito, dove è rimasto il tesseramento che ormai serve solo più ai capicorrente per contarsi nei congressi locali, dove non ci sono regole morali di selezione delle classi dirigente e coinvolgimento della base (manco abbiamo fatto le primarie per i parlamentari) è adatto al 2018. Correre ad una nuova conta ora, con le stesse regole, sarebbe una follia.
Quindi:
- Elezione in assemblea di un reggente con l’accordo di tutte le anime del partito.
- Riforma del partito coinvolgendo in qualche modo la base sulle proposte.
- Nuovo congresso (dopo elezioni 2019) con le nuove regole (ed anche i congressi regionali).
Ora, circa la prima Direzione Nazionale del PD post-voto e, in particolare, la relazione del vicesegretario Martina, osservo che:
- A prescindere dal fatto che non dovrebbe essere la Direzione ad investire una leadership, bensì l’Assemblea, sottolineerei che Martina era il vice di Renzi, quindi ne ha massimamente condiviso tutto il percorso; sarebbe stato meglio affidarsi a qualcuno meno compromesso con la segreteria uscente.
- È quasi completamente mancata l’autocritica riguardol’attività della segreteria uscente ed in particolare l’atteggiamento del segretario.
- Non mi pare che si siano colte appieno le ragioni del risultato del M5S, in particolare è mancato, del tutto, un riferimento alla QUESTIONE MORALE che, come detto, è la più grande emergenza del paese, che ha creato e permesso ai pentastellati di arrivare dove sono (sono gli unici che parlano di “Onestà”).
- La promessa di una gestione collegiale è molto eterea, tanto è vero che Martina ha chiesto alla segreteria uscente di restare in carica.
- L’atteggiamento del segretario dimissionario è stato terrificante: non ha chiesto scusa e non si è nemmeno presentato (“vado a sciare”), evitando così il confronto e le critiche sulla sua gestione.
- Sarei stato un po’ più prudente sulle prospettive di governo: in questa fase, come ho detto la cosa migliore è tacere ed attendere.
- Ho, invece, apprezzato molto i passaggi che sottolineano come non sia il caso di catapultarsi verso un nuovo congresso lampo, e di iniziare, invece, una rifondazione del partito, compresa le sue forme organizzativa ed istituendo una “commissione di progetto”. Era proprio ciò che auspicavo. Peccato che i primi rumors circa il contenuto di questo nuovo corso vadano esattamene in senso opposto a quanto da me auspicato.
Credo che, nei prossimi mesi, coloro che hanno delle idee, dei valori e la necessaria credibilità debbano mettersi in gioco per rifondare questo partito dalle radici!
Riccardo Tassone